Briciole di luce 06/2024
Ho sete
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto
affinché si compisse la Scrittura, disse: "Ho sete" (Gv 19,28).
La sete che Gesù prova sul la croce non è solo quella fisica, che pure è un bisogno fondamentale, ma anche la sete di amore e felicità, che si trova nel cuore di ogni uomo. Gesù è presente già nel Primo Testamento, dove leggiamo: quando avevo sete mi hanno dato aceto (Sal 69,22).
L’aceto ha il sapore dell’asprezza, del vino andato a male e rappresenta la risposta inadeguata dell’uomo al desiderio del Crocefisso. Nelle Scritture la sete indica sempre un’occasione d’incontro: era al pozzo, per esempio, che si svolgevano i fidanzamenti. Inoltre nelle Scritture, come in ogni tempo, la sete spinge l’uomo a mettersi in cammino.
Qui Gesù sulla croce si lascia incontrare nella sua sete: esprimendo il suo bisogno di bere, ci sollecita a correre il rischio di guardare in faccia gli altri e di prendere coscienza della loro presenza. Gesù non si vergogna di manifestare il suo bisogno dell’uomo.
Nell’ora della resa, le parole di Gesù ci spingono anche a riflettere sull’amicizia, in particolare quella matura, che non consiste nella reciprocità del dono, ma nel mostrare tutta la propria debolezza, nell’abbandonare l’orgoglio e nel tendere le mani per chiedere. In questo movimento la misura è quella di Dio che chiede il dono dell’altro.
Dio si aspetta il balsamo dell’amicizia, accetta che qualcuno gli venga in soccorso e accoglie con sollievo una bevanda che non è buona: Gesù dalla croce chiede un gesto di attenzione.
L’aceto rappresenta allora il gesto debole dell’uomo che non risolve la sete di chi sta per morire: Gesù attende di essere dissetato da un’umanità, che non è piena, ma proprio accogliendo quel gesto, dà all’uomo l’occasione di un inizio di pienezza.
(Liberamente tratto da: Comunità della Casa, internet).