Cardinal Jorge Mario Bergoglio: un cardinale ... vicino ai lontani.
(Omelia del Cardinale Jorge Mario Bergoglio per la Messa di chiusura dell’Incontro 2012 della Pastorale Urbana della Regione di Buenos Aires. Traduzione churchadvisor, ci scusiamo per eventuali imprecisioni)
“L’ascolto della parola mi ha fatto sentire tre cose: vicinanza, ipocrisia e mondanità. La prima lettura dice: “Esiste una nazione così grande da avere i loro dèi vicino a loro, come il Signore nostro Dio è vicino a noi?”. Il nostro Dio è un Dio che si avvicina. Un Dio che si fa vicino. Un Dio che si mise a camminare con il suo popolo e in seguito divenne uno dei suo popolo in Gesù Cristo per farsi vicino. Ma non con una vicinanza metafisica, ma con una vicinanza che è quella che descrive Luca quando va a curare la figlia di Giairo, che la gente affollava fino a soffocarlo mentre la povera vecchia da dietro vuole toccare il lembo della sua veste. Con la vicinanza della folla che voleva mettere a tacere alle porte di Gerico il cieco che con le grida voleva farsi sentire. Con quella vicinanza che ha incoraggiato quei dieci lebbrosi a chiedergli di mondarli. Gesù era dentro la cosa. Nessuno voleva perdere quella vicinanza, incluso il piccoletto che era salito sul sicomoro per vederlo.
Il nostro Dio è un Dio vicino. Ed è speciale: guariva, faceva del bene. San Pietro lo dice bene: “Passava beneficando e risanando”. Gesù non faceva proselitismo: accompagnava. E le conversioni che otteneva erano precisamente per il suo atteggiamento di accompagnare, insegnare, ascoltare, fino al punto che la sua condizione di non proselitista lo porta a dire: “Se anche voi volete andarvene, non perdete tempo. Voi avete parole di vita eterna, noi rimaniamo”. Il Dio vicino, vicino alla nostra carne. Il Dio dell’incontro che va all’incontro con il suo popolo. Il Dio che – uso una parola nella della Diocesi di San Justo -: il Dio che mette il suo popolo in una situazione di incontro.
E con quella vicinanza con questo camminare, crea quella cultura dell’incontro che ci fa fratelli, che ci fa figli, e non membri di una ONG o una proseliti di una multinazionale. Vicinanza. Questa è la proposta.
La seconda parola è “ipocrisia”. Mi colpisce il fatto che Marco, sempre così conciso, così breve abbia dedicato tanto a questo episodio – e contando che in che questa versione liturgica è stato tagliato ed è ancora più lungo – sembra essere spietato con coloro che si fanno lontani, con quelli che il messaggio della vicinanza di Dio, che viene a camminare con il suo popolo, che si è fatto uomo perchè ci sia uno in più a camminare, hanno preso questa realtà, la hanno distillata lungo le loro tradizioni, la hanno fatto una idea, la hanno fatto un puro precetto e la hanno allontanato dalla gente. Gesù li accusa di fare proselitismo.
Voi viaggiare mezzo mondo per cercare un proselito per poi ucciderlo con tutto questo. Allontanano la gente. Quelli che si scandalizzavano quando Gesù andava a mangiare con i peccatori, con i pubblicani, Gesù dice loro: “i pubblicani e le prostitute vi precederanno”, che era il peggio di quell’epoca.
(…) Sono loro che hanno clericalizzato – per usare una parola che si capisca – la Chiesa del Signore. La riempiono di precetti, con dolore lo dico, e se sembra una denuncia o un’offesa, mi perdonino, ma nella nostra regione ecclesiastica ci sono sacerdoti che non battezzano i figli delle madri non sposate perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio. Questi sono gli ipocriti di oggi. Quelli che hanno clericalizzato la Chiesa. Quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza. E quella povera ragazza che, potendo rimandare suo figlio al mittente, ha avuto il coraggio di farlo venire al mondo, se ne va girando di parrocchia in parrocchia perchè lo battezzino.
A questi che cercano proseliti, i clericali, che clericalizzano il messaggio, Gesù indica il cuore, dice loro: “Dai vostri cuori escono le cattive intenzioni, le fornicazioni, i furti, gli omicidi, gli adultèri, le avidità, le malvagità l’inganno, le disonestà, l’invidia, la diffamazione, la superbia, stoltezza… “. Fior fiore di complimenti,eh? Così li scredita. Li denuncia. Clericalizzare la Chiesa è ipocrisia farisaica. La Chiesa del “vengano dentro, che diamo delle regole qua dentro e ciò che non entra non c’è” è fariseismo.
Gesù ci insegna l’altra strada: uscire. Uscire a dare testimonianza, uscire ad interessarsi del fratello, uscire a condividere, uscire a chiedere. Incarnarsi.
Contro lo gnosticismo ipocrita dei farisei, riappare Gesù in mezzo alla gente, tra pubblicani e peccatori.
La terza parola che mi ha toccato è la fine della Lettera di Giacomo: non contaminarsi con il mondo. Perché se il fariseismo, questo “clericalismo” tra virgolette ci fa male, anche la mondanità è uno dei mali che corrodono la nostra coscienza cristiana. Questo ce lo dice Giacomo, non contaminatevi con il mondo. Gesù nel suo addio, dopo cena, chiede al Padre di salvarlo dallo spirito del mondo. E’ la mondanità spirituale. Il danno peggiore che può capitare alla Chiesa: cadere nella mondanità spirituale. In questo sto citando il cardinale de Lubac. Il danno peggiore che può capitare alla Chiesa ancora peggio dei papi libertini di un’epoca. Questa mondanità spirituale di fare ciò quello che viene preso bene, essere come i più, in una parola una “borghesia dello spirito, degli orari, di stare bene, dello status: sono cristiano, sono consacrato, consacrata, sacerdote. Non contaminatevi con il mondo, dice Giacomo.
No all’ipocrisia. No al clericalismo ipocrita. No alla mondanità spirituale. Perché questo è dimostrare che uno è più un imprenditore che un uomo del Vangelo. Sì alla vicinanza. Camminare con il popolo di Dio. Avere tenerezza specialmente con i peccatori, con coloro che sono più lontani, e sapere che Dio vive in mezzo a loro.
Che Dio ci conceda la grazia della vicinanza, che ci salva da ogni atteggiamento affaristico, mondano, proselitista, clericale, e ci avvicina al percorso di Lui, camminare con il santo popolo fedele do Dio.
Così sia. Il Cardinale Jorge Mario Bergoglio S.J. - Buenos Aires, 2 set 2012