Le ultime parole di Bergoglio prima del conclave
È opinione diffusa che l'intenzione di eleggere papa Jorge Mario Bergoglio crebbe sensibilmente tra i cardinali la mattina di sabato 9 marzo, quando egli intervenne nella penultima delle congregazioni – coperte da segreto – che precedettero il conclave. (vedere il testo «Evangelizzare le periferie»).). Le sue parole fecero colpo su molti. Bergoglio parlò a braccio. Ma ora di quelle sue parole abbiamo il resoconto scritto a mano dallo stesso autore. A rendere pubblico l'intervento di Bergoglio è stato il cardinale dell'Avana Jaime Lucas Ortega y Alamino. Il cardinale Ortega ha raccontato che dopo l'intervento di Bergoglio nel preconclave si era avvicinato a lui chiedendogli se aveva un testo scritto da poter conservare. Bergoglio rispose che al momento non l’aveva. Ma il giorno dopo – ha raccontato Ortega – "con delicatezza estrema" gli consegnò "l’intervento scritto di suo pugno tale come lo ricordava". Ortega gli chiese se poteva diffondere il testo e Bergoglio disse di sì. Il cardinale dell’Avana rinnovò la richiesta il 13 marzo dopo la fine del conclave, quando l’arcivescovo di Buenos Aires era stato eletto alla cattedra di Pietro. E papa Francesco rinnovò la sua autorizzazione.
Nell'appunto di Bergoglio si riconoscono alcuni tratti ricorrenti nella sua iniziale predicazione da papa. La "mondanità spirituale" come "il male peggiore della Chiesa". Il dovere della Chiesa di "uscire da se stessa" per evangelizzare le "periferie non solo geografiche ma esistenziali". Come già in altre occasioni, anche qui Bergoglio riprende l'espressione "mondanità spirituale" dal gesuita Henri De Lubac, uno dei più grandi teologi del Novecento. Nel suo libro "Meditazioni sulla Chiesa", De Lubac definisce la mondanità spirituale "il pericolo maggiore, la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce insidiosamente quando tutte le altre sono state vinte, alimentata anzi da queste stesse vittoria". "Se questa mondanità spirituale invadesse la Chiesa e operasse per corromperla attaccandola nella sua stessa origine, sarebbe infinitamente più disastrosa di qualsiasi altra mondanità semplicemente morale. Ancora peggio della lebbra infame che, in certi momenti della storia, sfigurò così crudelmente la Sposa amata [la Chiesa - ndr], quando la fregagione sembrava collocare lo scandalo nel suo stesso santuario e, rappresentata da un papa libertino, occultava il volto di Cristo sotto pietre preziose, belletti e spie… Un umanesimo sottile nemico del Dio vivente – e, in segreto, non meno nemico dell'uomo – può stabilirsi in noi attraverso mille sotterfugi". Questa citazione di De Lubac è in evidenza in un articolo che Bergoglio scrisse nel 1991, ripubblicò e consegnò nel 2005 ai fedeli e ai cittadini di Buenos Aires, di cui era divenuto arcivescovo, e ora ricompare nel primo dei libri stampati in Italia con i testi del nuovo papa antecedenti la sua elezione, col titolo: "Guarire dalla corruzione". Un'altra citazione significativa dell'appunto di Bergoglio è là dove addita i pericoli della Chiesa quando cessa di essere "mysterium lunae". Il "mistero della luna" è una formula a cui i Padri della Chiesa ricorrono fin dal II secolo per suggerire quale sia la vera natura della Chiesa e l'agire che le conviene: "come la luna, "la Chiesa splende non di luce propria, ma di quella di Cristo" ("fulget Ecclesia non suo sed Christi lumine"), dice sant’Ambrogio. Mentre per Cirillo d’Alessandria "la Chiesa è circonfusa dalla luce divina di Cristo, che è l’unica luce nel regno delle anime. C’è dunque una sola luce: in quest’unica luce splende tuttavia anche la Chiesa, che non è però Cristo stesso".
Cfr. Chiesa, Espresso online di Sandro Magister, 27 marzo 2013).