Risurrezione
(Ermes Ronchi)
La storia va diritta per la sua strada, molte volte con passo di belva. La storia di Cristo, no; essa avanza sulla nostra strada, la strada di ciascuno, con il passo del pastore. Con il passo del sole. Infatti ha preso il proprio slancio nel cuore di una notte - quella di Natale, piena di stelle, di angeli, di canti, di greggi - e lo riprende in un'altra notte - quella di Pasqua, notte di naufragio, di silenzio terribile, di buio ostile, ove geme e piange un pugno di uomini e donne totalmente disorientati (S. Germain). Notte dell'Incarnazione in cui il Verbo si fa carne, notte della Risurrezione in cui la carne si riveste di luce, in cui si apre il sepolcro, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba, e nel giardino è primavera. Nessun corpo, solo le bende giacevano al suolo. Nessun cadavere, ma un Uomo identico e insieme nuovo, più vivo che mai. Così respira la fede, da una Notte all'altra. Sul ritmo del sole.
E Pasqua ci invita a mettere il nostro respiro in sintonia con quell'immenso soffio che unisce incessantemente il visibile e l'invisibile, la terra e il cielo, il mondo dei morti e quello dei vivi, ci invita a respirare quell'ansia di luce che abita le notti, invitati a respirare sempre Cristo.
Ma il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto. Nella storia umana manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Una tomba è vuota. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita, la vincitrice è vinta. La risurrezione di Cristo solleva il nostro pianeta di tombe verso un mondo nuovo, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno; dove gli imperi fondati sulla violenza crollano; dove le piaghe della vita possono distillare non più sangue ma luce, come le ferite del Risorto.
Risurrezione afferma che il male non è il vincitore: di fronte alla violenza che dilaga la Pasqua ci convoca a rifiutarci di accettare una storia in cui il carnefice abbia in eterno ragione della sua vittima (Max Horkheimer). Gesù, la vittima che risorge mostra che la ragione non è dei più forti o dei più violenti. Che il fine della storia sarà buono e giusto.
Ma Cristo va, con passo di sole, sulla strada di ciascuno. Pasqua è l'evangelo del corpo: è il corpo che risuscita, non solo l'anima; è il corpo di Lazzaro che viene fuori ed è sciolto e lasciato andare, è il corpo di Gesù che manca nel sepolcro vuoto.
Tutta la Settimana Santa è focalizzata attorno al corpo di Gesù: Maria di Betania unge di nardo i suoi piedi e li avvolge con i suoi capelli, inizia così la passione, con il corpo profumato, poi il corpo nel pane e nel vino, il corpo torturato, inchiodato, violato dalla morte. Poi il corpo assente, nel sepolcro vuoto. E infine il corpo di Cristo trasformato.
La Risurrezione di Cristo fu un evento talmente inaudito per i discepoli che per tentare di raccontarla non trovarono un'unica parola specifica, ma adottarono due gruppi di parole derivate dai verbi "svegliarsi" e "alzarsi". Ed è così bello pensare che si tratta dei verbi del mattino, di ognuno dei nostri mattini, quando ci svegliamo e ci alziamo e il primo passo è un passo nel mistero: le nostre piccole risurrezioni quotidiane. Il mattino dell'uomo ha prestato agli evangelisti un vocabolario limpido e concreto per dire l'indicibile.
E questo significa forse che ad ogni mattino mi è dato di percepire qualcosa del mistero, respirare Cristo risorto, incontrare qualcosa della risurrezione là, in ogni umile aurora, quando mi si rivela la sorprendente freschezza della vita, quando inizia qualcosa di nuovo, quando Lui mi aiuta ad avanzare senza disperare, a vivere una vita non addormentata. E mi precede su vie di pace.
(Avvenire, 16-04-2006)