La "Lectio divina" secondo Padre Giuseppe Maria
Ecco un breve studio tratto dall’insegnamento di Padre Giuseppe Maria circa l’orazione (non si parla ancora di lectio, sia perché risale ad un periodo pre conciliare in cui non era ancora avvenuta la sua piena riscoperta, sia perché non la si potrebbe in realtà definire tecnicamente "lectio". Tra le righe possiamo ravvisarne alcuni elementi importanti.
Orazione vocale
Tre metodi:
- pronunciare bene le parole
- seguire con la mente ciò che dice la bocca
- lasciare il cuore santamente distratto in Dio. Nelle preghiere liturgiche e in quelle vocali si bada più alla presenza di Dio vivente in noi che al senso particolare della parole.
Meditazione
La meditazione è una pia elevazione della mente a Dio per maggiormente conoscerlo e imitarlo. La meditazione è sostanzialmente un «a tu per tu» con Dio, quell’«a tu per tu», intimo e personalissimo, in cui l’anima adora, ammira, ringrazia, chiede luce per capire, e sa anche tacere e ascoltare e umiliarsi e annientarsi di fronte al suo Signore e suo Dio.
La prima forma di meditazione è la lettura (lectio).
A elementi sufficientemente preparati si deve suggerire in primo luogo la Bibbia, in modo particolare il Nuovo Testamento: Vangelo e Lettere degli Apostoli, in particolare le Lettere cattoliche (le tre di Giovanni, le due di Pietro, quella di Giacomo, quella di Giuda; (cfr. Benedetto XV, Lettera enciclica Spiritus Paraclitus, 1920). Tale è pure la direttiva del Concilio Vaticano II: “Parimenti il Santo Sinodo esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum n. 25).
La pratica della meditazione
(Qui Padre Giuseppe Maria, dopo aver citato la meditazione secondo San Francesco di Sales, così riassume un breve metodo):
Dopo la preparazione, si divide la meditazione in tre parti:
- lettura e riflessione. Si chiuda la lettura nel punto stabilito (breve quanto possibile) con questa domanda precisa: qual è la virtù insegnata in questa pagina?
- esame attivo. Consiste nel rispondere alla domanda ripetuta alla lettera: in che modo ho mancato a questa virtù nella settimana scorsa?
- proposito particolare. Secondo le mancanze, diverso sarà il proposito.
(Un confronto della nostra vita con il passo letto, unito a propositi di conversione)
La meditazione termina con la preghiera (oratio).
La grazia della meditazione
Nella meditazione l’anima è aiutata da grazie attuali: è la grazia data da Dio in questa speciale orazione. L’occhio di Dio penetra l’anima: … io sono colui che scruta i reni e i cuori..(Ap 2,23). Istruzioni nuove, segreti dell’anima si pongono in evidenza. La vita spirituale può comparire in una nuova luce. Bisogna lasciar fare a Dio …
Dio può a volte rapire l’anima che si immerge nello studio della propria miseria: l’anima può sentirsi inebriata di una nuova luce di amore di Dio, oppure umiliata … dolcissimamente malinconica, atterrata dalla grazia di fronte al suo Signore che l’ha aiutata a scoprire in sé nuovi abissi di indegnità.
Gioia … dolore … illuminazioni nuove … problemi brucianti, inquietudini … nuovi orizzonti, la Grazia lancia l’anima che si trova così in un colloquio spontaneo anche se dolorosissimo, in un «a tu a tu» con Dio: l’anima si trova così nella vera preghiera.
Il colloquio con cui si chiude la meditazione può essere l’inizio di orazioni superiori
(Qui vengono inserite tre osservazioni)
Osservazione di San Francesco di Sales
E’ necessario scendere al particolare nel fare il proposito.
Non basta però, Filotea – dice il santo – femarvi in questi affetti generali, ma bisogna cambiare questi affetti in proponimenti particolari e ben determinati per la vostra correzione ed emendamento. Per esempio, la prima parola che disse Nostro Signore in croce («Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno».
Lc 23.24), infonderà senza dubbio nell’anima vostra un buon affetto di imitazione, cioè il desiderio di perdonare ai vostri nemici ed amarli. Dico pertanto che questo è poco, se non vi aggiungerete un proponimento speciale, nel modo seguente: non mi offenderò più di quelle parole spiacevoli, che il tale mio vicino e la tale mia vicina, mio domestico, mia domestica, dicono di me; né di questo o di quel disprezzo che mi viene dal tale o dal tal altro; all’opposto dirò e farò così e così per guadagnare e addolcire quella persona; e così per il resto (S. Francesco di Sales, Filotea, p. II, c. 6, p. 106).
Osservazione di Santa Teresa
Per le due domande (cfr. n. 155), è bene abbandonarsi ai sentimenti che eventualmente nascono dal cuore, primo preludio di orazioni superiori.
Ecco un esempio di quanto afferma santa Teresa. Dopo aver invitato le sue suore a meditare su Gesù legato alla colonna, aggiunge:
… è bene fermarsi alquanto a lavorare d’intelletto pensando chi è che soffre, come soffre, perché soffre, e l’amore con cui soffre.
Tuttavia non bisogna affaticarci troppo. Essendo così vicini al Signore, occorre che l’intelletto sappia anche tacere, immaginandoci, per quanto ci sarà possibile, che il Signore ci stia guardando. Allora facciamogli compagnia, parliamo con Lui, supplichiamolo, umiliamoci, deliziamoci della sua presenza, ricordandoci sempre che siamo indegni di stargli innanzi. Quando un’anima può fare questi atti ne avrà vantaggio anche se è al principio dell’orazione perché, come almeno io ho constatato, questo modo di pregare è assai utile (S. Teresa d’Avila, op.cit., Vita, c. 13, n.22, pp. 139-140).
Osservazioni di San Giovanni della Croce
E’ grave errore insistere nella meditazione quando la Grazia vuole dall’anima altra orazione.
Quando il Signore «porta via» bisogna lasciare che l’anima se ne vada con Dio. Così dice san Giovanni della Croce:
Quei maestri spirituali, dunque, non intendono le anime poste nella contemplazione quieta e solitaria … turbano e impediscono la pace della contemplazione tranquilla e quieta che esse godono per divino favore, facendole andare per il cammino della meditazione e del discorso.
Queste povere anime provano in ciò grande ripugnanza, aridità, e distrazione (S. Giovani della Croce, op. cit., Fiamma, Str. 3, n. 53, p. 869).
… colui che sbaglia per temerità mentre è obbligato ad assicurarsi bene … non la passerà liscia, ma subirà il meritato castigo, a proporzione del danno che fece (Ivi, n. 56, p. 871).
Il colloquio (oratio)
L’«a tu per tu» con Dio. La meditazione deve finire col colloquio. A poco a poco il colloquio diventa sempre più intenso sino ad occupare tutto quanto il tempo della meditazione. Si avrà così l’orazione affettiva con moltitudine si affetti, o di semplicità; l’anima è dominata da un semplice pensiero di orazione seguita, se Dio vorrà, dalle orazioni superiori (contemplatio).
Non bisogna però lasciare del tutto la meditazione senza il consiglio del direttore spirituale; in ogni caso si ricordi il principio «solo i santi contemplano, solo i santi meditano».
Anche i contemplativi dovranno ritornare seguendo l’impulso della Grazia, alla semplice meditazione.
Ottima introduzione ricordare che è dogma di fede il nostro continuo colloquio con Cristo; in qualsiasi momento posso parlare a Lui. È dogma di fede che mi sente e che è in contatto con me. … Cristo dimori nei vostri cuori per mezzo della fede …(Ef 3,17).
La meditazione si trasforma così in una sublime intimità con Cristo
L’anima si apre all’orazione affettiva, di semplicità, al raccoglimento infuso (contemplatio).
Padre Giuseppe analizza poi le varie fasi di colloquio: orazione affettiva, con molteplici affetti e poi di semplicità: una semplice parola o frase ripetuta all’infinito, prima nelle forme soavi e poi aride; L’orazione di semplicità arida che prelude alla contemplazione (contemplatio).