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Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui,
porta molto frutto,
perché senza di me
non potete far nulla
(Giovanni 15,5)

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Ratzinger parla del successore, del predecessore e di Lutero

“Noi abbiamo bisogno del perdono”. Se in molti ritengono che la parola “misericordia” rischia di essere banalizzata perché ripetuta di continuo in questi ultimi anni, Benedetto XVI, invece, sostiene che sia “un segno dei tempi”. “Ritengo – racconta il Papa Emerito – che l’idea della misericordia diventi sempre più centrale e dominante”. Queste riflessioni sono racchiuse nel volume “Per mezzo della fede. Dottrina della giustificazione ed esperienza di Dio nella predicazione della Chiesa (San Paolo editore), curato dal gesuita Daniele Libanori, che riporta gli atti di un convegno teologico tenutosi a Roma nell’ottobre 2015. In quell’occasione l’arcivescovo Georg Gänswein lesse il testo di un’intervista con Ratzinger realizzata dal teologo gesuita Jacques Servais su “cosa è la fede e come si arriva a credere”.

Ratzinger, inoltre, parla, seppur brevemente, del suo successore lodandone l’impegno sul tema della misericordia centrale nell’attuale stagione della storia cristiana e della società moderna. “Papa Francesco – afferma Benedetto nel testo – si trova del tutto in accordo con questa linea (che pone la misericordia al centro del messaggio cristiano). La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio”. Inoltre, Benedetto XIV si occupa anche di Martin Lutero e della concezione del peccato al giorno d’oggi. Il 31 ottobre Bergoglio si recherà a Lund, in Svezia, per celebrare con i luterani i 500 anni della Riforma. Servais sollecita Ratzinger a svolgere un raffronto tra il sentimento religioso dell’umanità contemporanea a Lutero, segnato dall’idea del peccato e dal bisogno della “giustificazione”.
“Per l’uomo di oggi – spiega Ratzinger – rispetto al tempo di Lutero e alla prospettiva classica della fede cristiana, le cose si sono in un certo senso capovolte, ovvero non è più l’uomo che crede di aver bisogno della giustificazione al cospetto di Dio, bensì egli è del parere che sia Dio che debba giustificarsi a motivo di tutte le cose orrende presenti nel mondo e di fronte alla miseria dell’essere umano, tutte cose che in ultima analisi dipenderebbero da lui. A questo proposito – osserva Benedetto XVI – trovo indicativo il fatto che un teologo cattolico assuma in modo addirittura diretto e formale tale capovolgimento: Cristo non avrebbe patito per i peccati degli uomini, ma anzi avrebbe per così dire cancellato le colpe di Dio. Anche per ora la maggior parte dei cristiani non condivide un così drastico capovolgimento della nostra fede, si può dire che tutto ciò fa emergere una tendenza di fondo del nostro tempo”. Un esempio di fede per il Papa teologo è la santa polacca, Suor Faustina Kowalska (1905-1938), le cui “visioni” (era una mistica e ha lasciato un diario) riflettono “il desiderio della bontà divina che è proprio dell’uomo d’oggi”; e poi cita il Papa polacco, che canonizzò la connazionale e pubblicò un enciclica sul tema: “Dio ricco di misericordia”, del 1980.

Non dice nulla di sé, commenta il vaticanista Luigi Accattoli, il buon Benedetto maestro di discrezione, ma sarebbe facile aggiungere che al tema della misericordia va ricondotta la sua prima enciclica intitolata “Dio è amore”, del 2006. Conclusione di Ratzinger nell’intervista: “Gli uomini d’oggi sanno di aver bisogno della misericordia di Dio e della sua delicatezza. Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente. Mi pare che nel tema della misericordia divina si esprima in un modo nuovo quello che significa la giustificazione per fede». Non sono affermazioni scontate. Non mancano cattolici che accusano Francesco di operare uno sbilanciamento buonista della predicazione della Chiesa dimenticando la «giustizia divina», la necessità della penitenza, il rischio della «perdizione eterna». In un momento nel quale quelle critiche vanno accentuandosi, l’appoggio che gli viene da Benedetto può risultare prezioso. Erano già una decina i testi di Benedetto pubblicati dopo la rinuncia al Papato, ma questo è il più importante. Ci dice che la mente teologica del Papa emerito continua a tessere la sua tela. Un tempo l’imbastiva in aiuto al missionario del mondo che fu Papa Wojtyla e ora non disdegna di farlo, dal suo ritiro, ad accompagnamento della predicazione del Papa che propone una «riforma della Chiesa in uscita missionaria”.

(Alessandro Notarnicola in Ilfarodiroma.it, 16 marzo 2016)