La Bibbia possiede un’importanza normativa veramente unica, perché è realmente l’unico libro della Chiesa in quanto Chiesa. Lo è in quanto lo Spirito edifica la Chiesa e quindi la sua espressione centrale e universale nella quale essa esprime Colui dal quale proviene: questo spiega perché non si possa in definitiva comprendere la Bibbia contro la Chiesa benché se ne possano conoscere molti particolari anche senza di essa.
A questo punto dobbiamo opporci ad ogni semplificazione fideistica: qui si manifesta tutta l‘importanza della riflessione critica nella Chiesa e per la Chiesa.
La fede va resa presente! La sua realtà deve essere nuovamente pensata e vissuta nel presente. Esistono perciò, necessariamente, due funzioni nella Chiesa che si completano a vicenda: quella dell’osservanza dell’unica fede e quella dell’apertura, del rendere presente. Da ambedue le parti vi saranno continuamente degli errori di giudizio e degli esperimenti sbagliati. Essi “vanno tollerati e sono salutari per la Chiesa di Dio, purché rimangano orientati verso quel nucleo del credo che può sussistere solo comunitariamente e che ci vuoi spogliare nel Signore. il quale solo può restituirci a noi stessi in modo vero”.
Il criterio della predicazione risiede in ciò che la Chiesa intera, la Chiesa di tutti i tempi, testimonia comunitariamente. Istanza di questa testimonianza è il magistero, che può reclamare un rispetto incondizionato là dove parla espressamente nel nome di tutte le chiese e del suo Signore.
La Scrittura ed il dogma vanno letti nella fede viva della Chiesa tutta e da questa ricevono la loro univocità. E, viceversa la Chiesa trova in quelli la sua guida.
(cfr. J. Ratzinger, Dogma e predicazione, Queriniana Brescia 1973/2005, pag. 35-36)