Principali documenti di papa Francesco
Rivelazione pubblica e privata
Rivelazione pubblica e rivelazioni private – il loro luogo teologico
Alcune chiarificazioni di fondo circa il modo in cui, secondo la dottrina della Chiesa, devono essere compresi all'interno della vita di fede fenomeni come quello di Fatima. L'insegnamento della Chiesa distingue fra la «rivelazione pubblica» e le «rivelazioni private». Fra le due realtà vi è una differenza non solo di grado ma di essenza. Il termine « rivelazione pubblica » designa l'azione rivelativa di Dio destinata a tutta quanta l'umanità, che ha trovato la sua espressione letteraria nelle due parti della Bibbia: l'Antico ed il Nuovo Testamento. Si chiama «rivelazione», perché in essa Dio si è dato a conoscere progressivamente agli uomini, fino al punto di divenire egli stesso uomo, per attirare a sé e a sé riunire tutto quanto il mondo per mezzo del Figlio incarnato Gesù Cristo.
Il CCC dice al riguardo: «... anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli» (n. 66). I due aspetti del vincolo con l'unicità dell'evento e del progresso nella sua comprensione sono molto bene illustrati nei discorsi d'addio del Signore, quando egli congedandosi dice ai discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé... Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà» (Gv 16, 12-14). Da una parte, lo Spirito fa da guida e così dischiude una conoscenza, per portare il peso della quale prima mancava il presupposto — è questa l'ampiezza e la profondità mai conclusa della fede cristiana. Dall'altra parte, questo guidare è un «prendere» dal tesoro di Gesù Cristo stesso, la cui profondità inesauribile si manifesta in questa conduzione ad opera dello Spirito. Il Catechismo cita al riguardo una profonda parola di Papa Gregorio Magno: «Le parole divine crescono insieme con chi le legge» (CCC 94, S. Gregorio, in Ez 1, 7, 8).
In questo contesto diviene ora possibile intendere correttamente il concetto di «rivelazione privata»,
Movimenti ecclesiali e nuove comunità
I MOVIMENTI ECCLESIALI NUOVA PRIMAVERA DELLA CHIESA (solennità di Pentecoste 1998)
"Movimenti e nuove Comunità, espressioni provvidenziali della nuova primavera suscitata dallo Spirito con il Concilio Vaticano II, costituiscono un annunzio della potenza dell'amore di Dio che, superando divisioni e barriere di ogni genere, rinnova la faccia della terra, per costruirvi la civiltà dell'amore". Così Giovanni Paolo II, nell'omelia alla Messa di Pentecoste, domenica 31 maggio, ha benedetto i rappresentanti degli oltre 50 Movimenti ecclesiali che avevano dato vita al loro primo congresso mondiale partecipando poi, alla vigilia di Pentecoste, ad una Veglia con il Papa che aveva visto la presenza di almeno 280 mila persone. Dal Concilio, di cui molti Movimenti sono il frutto benedetto, al Grande Giubileo, nel cui solco tutti insieme danno "testimonianza comune", la vita dei Movimenti si riassume nel caldo invito del Papa ad affrontare la "tappa nuova" della "maturità ecclesiale", nella quale "la Chiesa si aspetta da voi frutti maturi di comunione e d'impegno".
Per evangelizzare la testimonianza non basta:
servono le ragioni
Al termine del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, Vatican Insider intervista il teologo Carlo Molari.
Testimonianza ed evangelizzazione. Un nodo irrisolto per dirsi cristiani oggi?
«La testimonianza della vita per se stessa non è sufficiente per la evangelizzazione. La testimonianza può suscitare interesse e domande, ma non induce a vivere la fede se non è accompagnata da spiegazioni e dottrine che consentano di capire le ragioni di un comportamento. Ora le spiegazioni e le dottrine debbono essere formulate in modo da essere comprese e accolte. Spesso invece vengono formulate e proposte con modelli culturali non più praticati e con formule quindi non comprensibili. Se per esempio si parla della condizione perfetta, consapevole e libera dell’umanità primitiva e quindi della morte come la conseguenza del peccato originale non si può essere compresi da chi ha assunto una visione evolutiva della vita. Se si parla dell’azione di Dio come se Egli potesse supplire e completare le creature non si può essere compresi da chi considera la creazione e la storia intessuta solo di trame create e quindi interpreta anche gli eventi miracolosi come espressione delle forze naturali (ciò non esclude l’azione creatrice divina, che fa essere le cose e rende possibile la loro attività, ma non le sostituisce mai)».
Sinodi, incontri, anniversari. Ma il cristiano oggi come testimonia la sua fede nel mondo?
«Praticando la giustizia, esercitando la misericordia, diffondendo la fraternità e la condivisione dei beni. Della terra. Mostrando cioè che affidandosi a Dio è possibile far fiorire forme inedite di umanità».
Perché si parla di nuova evangelizzazione? Mutano le modalità ma il messaggio di liberazione e salvezza travalica i tempi.
«È vero che il messaggio di salvezza travalica i tempi, ma appunto per questo non può rimanere identico nella sua formulazione, per due ragioni. La prima perché la salvezza assume fisionomie diverse lungo i secoli pur rimanendo protesa costantemente ad un compimento futuro che però non è descrivibile perché ancora ignoto. Quando esisteva la schiavitù nella storia proclamare salvezza implicava l’annuncio di suo superamento. La seconda ragione dipende dai cambiamenti nelle immagini di Dio che si succedono nello sviluppo della cultura, nell’interpretazione dell’uomo e del valore della esistenza storica, poiché da secoli vi erano state resistenze nella Chiesa cattolica ad accogliere i cambiamenti culturali, dopo il Vaticano II l’urgenza di una nuova Evangelizzazione si è avvertita in molti ambienti. Alcune soluzioni proposte, come il Catechismo della Chiesa cattolica non sono state sufficienti, perché è mancata la seconda tappa: l’adeguamento alle diverse culture».
Una chiesa più povera e umile potrà essere più credibile nella proposta evangelica?
«Certamente questo è un aspetto necessario. Al tempo del Concilio un gruppo di Vescovi l’aveva avvertito come scelta prioritaria, ma la maggioranza si è accontentato di alcune formule introdotte nei testi, ma l’evento conciliare non ha assunto questo suggerimento. Il Concilio ha scritto: “Come Cristo ha compiuto l’opera della redenzione nella povertà e nella persecuzione, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via, per comunicare agli uomini i frutti della salvezza” (LG, 8 § 3). Certamente è esatta la riflessione per gli sviluppi della vita ecclesiale postconciliare. Inoltre è vero che il Concilio non ha messo in luce “il destino di persecuzione per il fatto di difendere i poveri”.
Jon Sobrino ricorda a questo proposito la Santa Messa celebrata nelle Catacombe di Domitilla alla fine del Concilio da una quarantina di Padri conciliari che poi firmarono il “patto delle catacombe: una chiesa serva e povera”. In tredici punti essi si impegnavano a vivere “in povertà e senza potere”. (Sobrino J., La ‘Chiesa dei poveri’ non ha avuto sviluppo al Vaticano II, in Concilium, 3/2012 A cinquant’anni dall’inizio del Vaticano II, pp. 94-106».
(Luca Rolandi, Vatican Insider, 28/01/2012).
Note di teologia
tratte dal Sito Note di pastorale giovanile
Carlo Molari |