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Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui,
porta molto frutto,
perché senza di me
non potete far nulla
(Giovanni 15,5)

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Le sette mansioni (segue)


Quarte mensioni
(passaggio alla santità)

Le quarte mansioni si possono considerare come il passaggio alla santità, il passaggio dall’ascetica alla mistica.
Rare le mancanze, anche se a volte ancora deliberate.
La virtù richiesta in modo assoluto sulla soglia delle masioni superiori è l’umiltà.
Santa Teresa si ferma prima di lanciare l’anima verso le vette, nel mistero del Sinai, della montagna di Dio:

Dopo aver fatto ciò che si esige per le mansoni precedenti, si richiede umiltà e ancora umiltà. Questa virtù inclina il Signore ad accondiscendere alle nostre brame.…sono persuasa che Dio non conceda questa grazia (la contemplazione) se non a coloro che van staccandosi da tutto, se non con l’opera, perché impediti dal loro stato, almeno con il desiderio. E se questi che Dio invita a salire gli lasciano mano libera, posso affermare che non si fermeranno qui.
…Se volete che il vostro edificio s’innalzi sopra un buon fondamento, procurate di essere le ultime e le schiave di tutte.
(S.Teresa d’Avila, Castello).
.


Prima fase delle quarte mansioni (fase dolorosa) 

Nella prima fase, sulla soglia delle Quarte mansioni, l’orazione è desolatissima.

Questa prima fase di orazione delle Quarte mansioni che è pure la prima fase del raccoglimento infuso, interessa tutti. È infatti dottrina comune che i perfetti in Cristo raggiungono questa prima fase di orazione mistica.

È la notte dei sensi.
Il Pollien la chiama orazione di quiete arida. È un periodo che può durare anche molti anni. È già di natura mistica.

La desolazione della notte dei sensi, nella sua fase culminante, è data dalla contemplazione.
Molti santi muoiono in questo periodo.
In questa prima fase si verifica il fatto caratteristico dei contrattacchi del nemico, crisi che coincide sovente con la chiamata prossima alla contemplazione.

Seconda fase delle quarte mansioni (fase gioiosa)

Superata la soglia e dopo l’attesa forse lunghissima, entrati nelle Quarte mansioni si avverte la presenza di Dio per via di un certo gusto spirituale: fase gioiosa dell’orazione di raccoglimento infuso.

Sono le prime mansioni in cui si gusta Dio presente, le «mansioni dei gusti divini».

L’anima sta per essere ipnotizzata da Dio.

Il fischio del Re  [1]

Le anime delle Quarte mansioni captano il «fischio di Dio».

Quantunque le forme di orazioni superiori, oltre la prima fase del raccoglimento infuso siano eccezionali e riservate solo ad alcuni santi, questo richiamo mistico che santa Teresa chiama pittorescamente “il fischio del Re”, pare sia ancora comune a tutti i perfetti. Tutti i santi, anche nella più febbrile attività, conservano l’amore del silenzio e sentono il richiamo intimo di Dio.
 

…a guisa di buon pastore (il Re), emette un fischio tanto soave da non essere quasi percepito, ma con il quale dà loro a conoscere la sua voce, acciocché, lasciata la via della perdizione, rientrino nel castello. E ciò fanno immediatamente perché quel fischio è di così grande efficacia da distaccarli da tutte le cose esteriori fra le quali vivevano.

Mi sembra di non essermi mai spiegata così bene come in questo momento (S.Teresa, Castello).

È l’inizio dell’incanto delle mansioni superiori.

Quinte mansioni (via unitiva)

Nelle Quinte mansioni le pratiche di pietà si fanno via via più semplici e meno numerose. Le azioni sono sempre più dominate dall’influsso della carità.

Caratteristiche inconfondibili di queste anime anche se «schiacciate dalla folla» come Gesù (cfr. Lc 8,45) sono la solitudine, il distacco, il possesso di Dio, la croce, la sofferenza.

L’abituale stato di preghiera costituisce il loro respiro. A volte già si riscontra l’orazione di unione (cfr. n. 193).

Con frequenza vanno soggette a purificazioni passive.

Seste mansioni (via unitiva)

Imperfezioni. Non vi acconsentono mai. Certi impulsi semiavvertiti sono da loro rapidamente respinti.

Caratteristiche inconfondibili:

  • dimenticanza di sé fino al disprezzo
  • amore alla sofferenza e a penitenze durissime
  • una costante immolazione per la conversione dei peccatori.

Un aspetto particolare è il desiderio dell’umiltà sofferente: patire ed essere disprezzato per Te (cfr. S. Teresa d’Avila)

Attualmente mi sembra di non aver altro motivo di vivere fuorché quello di soffrire; e lo domando a Dio con le più vive istanze. Spesso gli dico con tutto il fervore dell’anima: Signore, non vi domando che una cosa: o morire o patire (cfr. Castello).

Quantunque non tutte le anime delle Seste mansioni raggiungano le forme dell’orazione estatica è loro caratteristica avere il dono della contemplazione abituale, dell’orazione abituale di unione, delle estasi frequenti.

Purificate dalle purificazioni passive e dalla notte dello spirito, possono essere elevate allo sposalizio spirituale e a tutti quei fenomeni che ad esso si accompagnano.

Settime mansioni (via unitiva)

L’anima, purificata dalla notte dei sensi e dello spirito, intimamente si unisce a Dio in modo abituale, sereno, intensissimo.

Tale stato è chiamato unione trasformante o matrimonio spirituale ed è l’estrema possibilità di unione mistica sulla terra in preparazione immediata alla visione beatifica. (cfr. Tanquerey).

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[1] Quantunque le forme di orazioni superiori, oltre la prima fase del raccoglimento infuso siano eccezionali e riservate solo ad alcuni santi, questo richiamo mistico che santa Teresa chiama pittorescamente “il fischio del Re”, pare sia ancora comune a tutti i perfetti. Tutti i santi, anche nella più febbrile attività, conservano l’amore del silenzio e sentono il richiamo intimo di Dio.

NOTA IMPORTANTISSIMA

Mentre l’orazione di unione e le altre orazioni superiori non sono concesse da Dio a tutti i santi, tutti hanno però la grazia dell’atteggiamento interiore, del desiderio di Dio, del distacco, della solitudine, della croce, della sofferenza propri di questo altissimo grado di perfezione. Le descrizioni delle Quinte, Seste, Settime mansioni, se non interessano quindi tutti come forma di preghiera, tutti interessano come forma di pienezza in Cristo.                                                                                                                                                                                                                   Il Cammino dell'orazione

Giovanni Ferretti 1

Nell'areopago post-moderno, che vede la diffusione di forme di ontologia debole e di etiche del finito, la teologia cristiana non può certamente adattarsi a pensare Dio come finito e impotente ... ma certamente è provocata a pensare in forme nuove la trascendenza dell'essere infinito, assoluto e onnipotente di Dio non più in termini di potenza che s'impone e può fare tutto ciò che vuole, bensì come trascendenza dell'Amore che si offre gratuitamente alla libera accettazione dell'uomo perché egli viva in pienezza la sua capacità di amare.
(Tratto da “Il difficile compito” di Giovanni Ferretti)