Il “Cavaliere dell’Immacolata”
Il nostro movimento venera in modo speciale san Massimiliano Maria Kolbe: perché francescano, perché dedicò la vita a far conoscere ed amare l'Immacolata; san Massimiliano Maria Kolbe, martire, fu definito infatti: "Il Cavaliere dell'Immacolata". Era convinto che la conversione del mondo sarebbe avvenuta per mezzo dell'Immacolata, ed ebbe sempre a cuore la missione di avvicinare a Dio soprattutto gli atei , gli indifferenti, utilizzando anche i mezzi di comunicazione del suo tempo, come la stampa (chi non non ha mai sentito parlare del famoso giornalino "Il Cavaliere dell'Immacolata"?) e la radio. Anche noi ora cerchiamo di servirci pure dei mezzi di comunicazione di oggi, da Internet ai vari strumenti multimediali.
Massimiliano Maria Kolbe nacque a Zdunska-Wola (Lodz) nella Polonia centrale, l'8 gennaio 1894, e fu battezzato lo stesso giorno col nome di Raimondo. La famiglia si trasferì poi a Pabianice dove Raimondo frequentò le scuole primarie, avvertì un misterioso invito della B. Vergine Maria ad amare generosamente Gesù e sentì i primi segni della vocazione religiosa e sacerdotale.
Nel 1907 Raimondo venne accolto nel Seminario dei Frati Minori Conventuali di Leopoli, dove frequentò gli studi secondari e più chiaramente comprese che per corrispondere alla vocazione divina doveva consacrarsi a Dio nell'Ordine francescano.
Il 4 settembre 1910 incominciò il noviziato col nome di fra Massimiliano, e il 5 settembre 1911 emise la professione semplice.
Per proseguire la sua formazione religiosa e sacerdotale fu trasferito a Roma, dove dimorò dal 1912 al 1919, presso il "Collegio Serafico Internazionale" dell'Ordine. Qui fra Massimiliano continuò ad assimilare quelle virtù religiose che già lo rivelavano un degno ed esemplare figlio di S. Francesco, e lo preparavano a diventare un autentico sacerdote di Cristo. Emise la professione solenne il 1° novembre 1914 col nome di Massimiliano Maria. Conseguì nel 1915 la laurea in filosofia e nel 1919 quella in teologia.
Ordinato sacerdote il 28 aprile 1918 celebrava la Prima Messa nel giorno successivo nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte, all'altare che ricorda l'Apparizione della Vergine Immacolata ad Alfonso Ratisbonne. Nelle difficoltà non si abbatteva mai e non cadeva mai nello sconforto; al contrario, diceva con gioia: “La prossima volta tutto andrà meglio”. Questa capacità non veniva da una predisposizione mentale ma dalla sua profonda fiducia nella Madre di Dio. Quando era provato nel corpo e nello spirito, non lo faceva mai vedere, si controllava perfettamente.
Nel bel mezzo dei suoi studi spirituali e intellettuali, Massimiliano contrasse la tubercolosi. Mentre stava giocando a calcio in un'assolata giornata di estate - come lui stesso ricorda in seguito - tutto ad un tratto sentì qualcosa salire alla bocca: era sangue. Il dottore gli ordinò di mettersi a letto e Massimiliano disse tra sé: sembra proprio la fine. Ma non lo era, anche se di tanto in tanto avrebbe sofferto di serie ricadute per il resto della vita. Pian piano aveva capito che doveva combattere per Dio, sotto la guida di Maria, non una battaglia vera e proprio ma una battaglia spirituale. Per chissà quale ragione, fu proprio quando fisicamente era in queste condizioni che, con il permesso del suo Rettore, Massimiliano iniziò a reclutare membri per una Milizia Spirituale; per la maggior parte amici molto stretti. Il 22 luglio 1919 ricevette la sua seconda laurea, in teologia; aveva 25 anni.
Pur con un fisico indebolito dalla tubercolosi, nel 1930 partì come missionario alla volta del Giappone dove rimase fino al 1935.
Nel convento di Niepokalanow, in Polonia, alla vigilia del conflitto mondiale c'erano quasi 1.000 tra frati professi, novizi e seminaristi. Il convento cattolico più grande del mondo: era quasi una città autonoma. Nei primi anni della guerra offrì riparo a numerosi rifugiati polacchi, compresi molti ebrei.
Nel mese di maggio 1941 fu arrestato dalle SS e portato nel campo di prigionia di Auschwitz. Alla fine del mese di luglio dello stesso anno un uomo del block di Kolbe era riuscito a fuggire dal campo: per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame. Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. Dopo 2 settimane senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi il 14 agosto 1941 con una iniezione di acido fenico e il loro corpo venne poi cremato.
Dopo la sua morte, la madre riportò un episodio che Massimiliano le aveva raccontato quando aveva circa 10 anni: disse che gli era apparsa la Vergine Maria con due mazzi di fiori, uno rosso ed uno bianco, chiedendogli quale volesse; il bambino disse che li voleva tutti e due. Alla mattina, svegliandosi, li trovò entrambi sul suo cuscino. Il mazzo bianco rappresentava una vita pura al servizio di Dio, quello rosso il sangue che avrebbe sparso con il martirio. Vedendo la sua vita a posteriori si può dire che ha avuto gli aspetti caratterizzati dai due mazzi di fiori. Francesco Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz e morì nel 1995.
Massimiliano Maria Kolbe fu beatificato il 17 ottobre 1971 dal Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978) e canonizzato il 10 ottobre 1982 dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), suo conterraneo.
Il giorno della canonizzazione il Papa, nell'omelia, lo definì “santo martire, patrono speciale per i nostri difficili tempi, patrono del nostro difficile secolo” e “martire della carità”. A questa cerimonia era presente anche Francesco Gajowniczek.
(Cfr. evangelizo.org)