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Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui,
porta molto frutto,
perché senza di me
non potete far nulla
(Giovanni 15,5)

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ALEXIS CARREL

Il miracolo non dà la fede ma la può aiutare

 

Il dottor Carrell era agnostico, ma fu convertito grazie ad un viaggio a Lourdes dove poté constatare ciò che egli riteneva inconstatabile. Alexis Carrel nacque a Lione nel 1873. La sua famiglia era di commercianti benestanti. Rimasto orfano di padre, a cinque anni lasciò Lione per andare a vivere in campagna con la mamma. Tornò poi a Lione per gli studi liceali e per frequentare la Facoltà di Medicina.

Furono proprio gli studi universitari a spingerlo ad abbandonare le convinzioni religiose ricevute dall'educazione familiare per abbracciare la filosofia positivista e materialista.

Conservò però sempre una forte nostalgia verso le certezze della sua fanciullezza, soprattutto avvertiva l'inquietudine che gli procuravano quelle nuove convinzioni positiviste, incapaci di dare una persuasiva risposta al senso della vita e della morte. Egli stesso, dopo la conversione, ebbe a scrivere di quel periodo parlando di sé in terza persona:

«Assorbito dagli studi scientifici, affascinato dallo spirito della critica tedesca, (Carrel) s'era convinto a poco a poco che al di fuori del metodo positivo, non esisteva certezza alcuna. E le sue idee religiose, distrutte dall'analisi sistematica, l'avevano abbandonato, lasciandogli il ricordo dolcissimo di un sogno delicato e bello. S'era allora rifugiato in un indulgente scetticismo. La ricerca delle essenze e delle cause gli sembrava vana, solo lo studio dei fenomeni, interessante. Il razionalismo soddisfaceva interamente il suo spirito; ma nel fondo del suo cuore si celava una segreta sofferenza, la sensazione di soffocare in un cerchio troppo ristretto, il bisogno insaziabile di una certezza».

In quegli anni, negli ambienti medici, si discuteva molto di Lourdes e dei suoi miracoli. C'era chi ci credeva e c'era chi era profondamente scettico.

Anche Carrel, nel suo positivismo, era convinto che quelli di Lourdes fossero solo sedicenti "miracoli", in realtà guarigioni frutto di autosuggestione. Volle però andare a constatare di persona e nel 1902 partecipò come medico ad un pellegrinaggio, occasione che gli fu offerta da un collega che aveva dovuto rinunciare all'ultimo momento. Da questo viaggio venne fuori un libro che ebbe il titolo di Viaggio a Lourdes.

Alexis Carrel era in incognito. Solo pochi conoscevano la sua identità. Voleva solo constatare e aiutare qualche malato. Nel suo scompartimento giaceva una giovane donna, Marie Ferrand (chiamata così nel libro, ma in realtà si chiamava Marie Bailly). Era gravissima: ventre gonfio, pelle lucida, costole sporgenti, addome teso da materia solide, sacca di liquido che occupava la regione ombelicale, febbre alta, gambe gonfie, cuore veloce. Si trattava di peritonite tubercolare. Dolori tremendi! Il dottor Carrel le praticò un'iniezione di morfina.

Arrivato a Lourdes, Carrel incontrò un suo vecchio compagno di collegio, nel suo diario ne riporta solo le iniziali: A.B. Gli chiese: «Sai se qualche malato è guarito, stamane, nelle piscine?» «No, nessuno. Però vidi un miracolo davanti alla grotta. Una suora che camminava con le stampelle. Arrivò, si fece una gran segno di croce, bevve l'acqua della fonte miracolosa. Subito il suo viso s'illuminò, buttò via le stampelle, corse agile alla Grotta, gettandosi in ginocchio davanti alla Vergine. Era guarita.» «La sua guarigione - commentò Carrel - è un caso interessante di autosuggestione!»

L'amico ribatté: «Quali sono le guarigioni che, se le constatassi, ti farebbero riconoscere l'esistenza del miracolo?»

«La guarigione improvvisa di una malattia organica. Una gamba tagliata che rinasce. Un cancro scomparso, una lussazione congenita che improvvisamente guarisce. Allora sì che crederei!.. Se mi fosse concesso di vedere un fenomeno tanto interessante, tanto nuovo, sacrificherei tutte le teorie e le ipotesi del mondo. Ma non il minimo timore di arrivare a questo. C'è una ragazza, Marie Ferrand, presso la quale mi hanno chiamato dieci volte ed è in pericolo di vita. È tisica, ha una peritonite tubercolare all'ultimo stadio. È in uno stato pietoso. Temo che mi muoia tra le mani. Se questa ammalata guarisce, sarebbe veramente un miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate».

Nella Sala dell'Immacolata (riservata ai malati più gravi) tutto era pronto per la funzione presso le piscine. Il dottor Carrel si avvicinò al lettino della "sua" ammalata, Marie Ferrand. La visitò rapidamente: il cuore stava per cedere, era alla fine. Il medico le praticò un'iniezione di caffeina, poi disse ai presenti senza farsi sentire dall'ammalata:

«E' una peritonite polmonare all'ultimo stadio. Figlia di genitori morti di tubercolosi in giovane età, è tisica dall'età di 15 anni. Può darsi che viva ancora per qualche giorno, ma è finita».

Anche un altro medico confermò la diagnosi nefasta di Carrel.

Alla piscina non fu possibile immergere Marie Ferrand. Le fecero alcuni lavaggi al ventre. La portarono davanti alla Grotta. L'aspetto della donna era sempre cadaverico. Erano circa le 14.30. Carrel osservava il volto dell'ammalata: gli parve più normale, meno livido. Gli sembrava di avere un'allucinazione, continuò ad osservarla. Le contò le pulsazioni. La respirazione sembrava rallentata. Il volto di Marie Ferrand continuava a cambiare. I suoi occhi sembravano catalizzati verso la Grotta. C'era in lei un sensibile miglioramento, non lo si poteva negare. Lo stupefacente, però, avveniva adesso: Carrel vide a poco a poco la coperta abbassarsi al livello del ventre. Il gonfiore spariva. Si sentì impallidire.

Alle 15 la tumefazione era ormai scomparsa. Carrel credeva d'impazzire. Si avvicinò alla donna, ne osservò la respirazione, guardò il collo. Il cuore batteva regolarmente. Le domandò:

«Come vi sentite?»

Marie rispose sottovoce: «Benissimo. Non sono molto in forze, ma sento che sono guarita».

Carrel così ha scritto, sempre parlando di se stesso in terza persona:

«Il medico non parlava più; non pensava più. Il fatto inatteso era totalmente contrario a tutte le previsioni, che egli credeva di sognare. Si alzò, traversò le file serrate dei pellegrini, i quali gridavano invocazioni che egli a stento sentiva, e se ne andò. Erano circa le 16. Quel ch'era accaduto era la cosa impossibile, la cosa inattesa, il miracolo».

Tratto da: http://www.fmboschetto.it/religione/Carrel.htm in data 5 marzo 2011)