Lo Spirito è invincibile (Matta El Meskin)
Quella che segue è un’intervista accordata da padre Matta el Meskin, padre spirituale del monastero di San Macario, a un gruppo di superiori di monasteri benedettini africani il 12 Maggio 1994
Un metodo prezioso di lectio divina proposto da padre Matta el Meskin
L'INCONTRO CON IL VIVENTE
Lectio, Meditatio, Oratio, Contemplatio
(Dom G. Innocenzo Gargano)
Una volta che è stato stabilito il quantitativo di tempo (un'ora o dieci minuti), i Padri insistono che quel tempo sia sempre nello stesso momento del giorno. È quell'ora lì, sono quei dieci minuti lì che costituiscono l'appuntamento a cui non si può mancare, perché esso deve diventare l'asse stabile nelle ventiquattro ore della giornata, in modo che prima di quel momento quasi inconsciamente si sia orientati a vivere quel tempo lì, e dopo quel tempo lì le altre cose si riempiano di luce. Un'altra indicazione pratica che danno i Padri antichi è che sia sempre nello stesso luogo.
Quindi: lo stesso quantitativo di tempo, nello stesso momento della giornata, nello stesso luogo. È una regola molto, molto semplice!
1 - Lectio
Che cosa fare in questo tempo?
L'ho già detto: si potrà scrivere il testo, si potrà tradurre il testo da una lingua ad un'altra, si potrà semplicemente fare l'analisi elementare del testo (grammaticale, logica eccetera), purché quei minuti siano spesi unicamente a cercare di capire il senso letterale del testo. A seconda poi delle capacità culturali, si potrà proseguire e dedicare questo tempo, ad esempio, all'analisi strutturale del testo stesso, oppure a sottoporre il testo a una lettura storico-critica, utilizzando gli strumenti e le tecniche che si possono avere a portata di mano. Tutto questo, sempre e unicamente, per capire il senso letterale del testo. Questa è lectio. Quando si parla di lectio, si parla di questo.
L'unica cosa da cercare è tentare di riuscire a capire che cosa dice il testo nella sua letteralità.
2 - Meditatio e Oratio
E il resto? Il resto non viene in questo momento qui. Il senso allegorico, cioè la comprensione di fede del testo, si aggiungerà come dono gratuito del cammino di fede.
Se si è credenti, se ci si accosta al testo da credenti, non magari in quel momento lì, in cui si fa propriamente la lectio, ma durante le altre ore della giornata, mentre si lavora, mentre si cammina, il Signore gratifica.
Egli gratifica con una specie di comprensione del testo, che nasce dalla possibilità di connettere il testo studiato, approfondito letteralmente, con memorie che emergono dall'interno.
Ho parlato di Amalek, ho parlato di Mosè che ha le mani aperte verso il cielo e ho detto che nella tradizione Amalek è il simbolo del male e Mosè è il simbolo di Cristo crocifisso che intercede per noi. Queste e simili cose emergeranno da sole come una sorta di rivivificazione di testi già presenti nell'esperienza di preghiera personale, di vita sacramentale liturgica o della conoscenza delle Scritture, ricevute in modi più o meno espliciti fin da bambini.
Queste cose emergeranno. Il testo letto con attenzione diventa, infatti, come una specie di torcia elettrica puntata nel buio che mette in luce delle cose che non si sapeva neppure di avere.
Quando arriva questo momento dell' incontro si può parlare di meditatio ma il senso che ne viene fuori non è uguale per tutti, così come non è uguale per tutti il cammino di fede. Per qualcuno emerge un testo biblico, per qualcun altro un testo diverso, per un altro ancora emerge un'esperienza di preghiera liturgica o di carità profonda vissuta all' interno della Chiesa. Illuminato dal testo, tutto ciò diventa come una esplosione, come un contatto tra due poli elettrici che sprizzano scintille.
Nasce così ciò che si chiama oratio.
Non è preghiera, ma una specie di illuminazione interiore, che mette a nudo la verità personale di ciascuno. Oppure, se la memoria è legata a un'esperienza della Chiesa, a un'esperienza della gente, nasce una illuminazione molto concreta: improvvisamente si scopre un peccato, oppure, al contrario, una via di uscita o di salvezza.
Quasi sempre questa oratio genera compunzione del cuore o anche impulso a dire: « Grazie » a Dio, ma anche a dire: « No », non posso avallare quello che si fa per risolvere i problemi della comunità, i problemi del mondo.
Si sente il bisogno di testimoniare che la Parola di Dio dice altro. Queste sono cose grosse e, naturalmente, queste cose diventano tanto più importanti quanto più colui che si lascia illuminare dalla Parola è in situazione di incidere sugli altri. Pensate ai pronunziamenti del cardinale Carlo Maria Martini: è uno che fa la lectio divina quotidianamente e alcune volte si vede benissimo che non può fare a meno di parlare e di dire: « No, la Parola di Dio non ci permette di dedurre queste conclusioni ». Ecco perché fare il cammino della lectio divina non significa estraniarsi dalla storia, ma significa sentire la responsabilità che nasce dalla Parola, di annunziare ciò che la Parola intende dire ai cristiani e al mondo.
3 - Contemplatio
Quando tutto questo diventa quotidianità, allora si raggiunge la cosiddetta contemplatio.
La contemplazione è uno stare continuamente con la Parola.
È ciò di cui si parla nel brano del vangelo, in cui Gesù racconta una parabola per indicare che bisogna pregare sempre, chiedere sempre e non stancarsi mai.
La preghiera continua è l'obiettivo della lectio divina.
Non significa fare preghiere continuamente, ma identificarsi con la Parola. Quanto più ti lasci illuminare dalla Parola, tanto più diventi luminoso di Parola. Perciò diventi un contemplativo; acquisti un occhio nuovo, capace di non fermarsi alla superficie dei fatti, alla superficie delle cose, ma di entrare nella profondità guardando tutto alla luce della Parola, senza lasciarsi fuorviare da interessi più o meno giustificabili, ma lasciando parlare unicamente, appunto, la Parola di Dio.
Abbiamo, dunque, riassumendo, la sequenza di quattro gradini: lectio, meditatio, oratio, contemplatio.
Questo è il cammino che fanno i monaci. Questo è il cammino che tentiamo di fare anche noi. Anche se può sembrare che si tratti di una scuola biblica; constatate, comunque, che si tratta di una lettura della Bibbia compiuta e completata da credenti. Spesso però noi facciamo anche una collatio.
Che cosa è una collatio? La collatio è la raccolta di tutto ciò che la lectio personale ha prodotto dentro di noi. Il sabato sera, ad esempio, noi monaci, monache e laici mettiamo in comune il frutto della lectio. Non ci raduniamo per un dibattito, non ci raduniamo per ascoltare una lezione di esegesi. Se a casa o in cella abbiamo fatto lectio è giusto che ne parliamo, è un dovere parlarne. Ma se non abbiamo fatto la lectio in precedenza è meglio semplicemente tacere e ascoltare. E ritorniamo all'ascolto. Ecco, tutto il cammino della lectio divina si può sintetizzare in una parola soltanto: « ascolto ». Ricorderete tutti la preghiera quotidiana di ogni pio ebreo: Shema` Israel, « Ascolta, Israele. Il Signore tuo Dio è uno solo. Il Signore è uno » (Dt 6,4).
(G. Innocenzo Gargano, L’incontro con il Vivente, Edizioni Paoline, 2004 Milano)
Lettura divina (Lectio divina)
Guigo II, nono priore dell’Ordine certosino, scrive, la famosa Scala claustralium,testo che è l’unica trattazione patristica sistematica che ci sia pervenuta sulla lectio divina, e che resta oggi un testo fondamentale.
Nel medioevo tutti i monaci usavano relazionarsi costantemente col testo delle Scritture; ciò nasceva dalla consapevolezza che la Parola del Signore fosse veramente il centro di tutta l’esistenza cristiana e, di conseguenza, la Bibbia era il testo fondamentale su cui basare ogni discorso e ogni esperienza spirituale
Questa solitudine e questo silenzio diventano, attraverso la relazione continua con la Parola, il contesto privilegiato dell’incontro e del dialogo col Signore, e la cella per il monaco è “la terra santa e il luogo dove il Signore e il suo servo conversano spesso insieme, come un amico col suo amico. In essa frequentemente l’anima fedele viene unita al Verbo di Dio, la sposa è congiunta allo Sposo, le cose celesti alle terrene, le divine alle umane.” Queste parole, che sono ancora oggi presenti negli Statuti Certosini (4.1) e che caratterizzano costantemente la spiritualità del monaco che vive in Certosa, rimandano necessariamente al cuore stesso di una solitudine e di un silenzio in cerca del Verbo di Dio: l’amorosa, attenta, povera, ma anche ricchissima lettura della Parola.
È per gratitudine nei confronti dei nostri padri e di questa nostra tradizione, che ho pensato di suddividere proprio secondo i quattro “gradini” di cui parla il testo di Guigo (lectio, meditatio, oratio, contemplatio), queste poche tracce di esperienze personali relative alla lectio, che naturalmente non vogliono (e non potrebbero) esaurire la molteplicità e la ricchezza di questo cammino, così come viene vissuto da ciascuno nel segreto e nel nascondimento.
Chi ha fatto esperienza della lectio assidua e fedele nella solitudine della cella, conosce anche come le varie tappe s’intersecano e si sovrappongono in modo imprevedibile, e ciò avviene proprio perché, essendo lalectio divina soprattutto un continuo dialogo col Signore, non può essere gestita o programmata a priori, ma il suo stesso sviluppo sarà anche frutto dell’ascolto e dell’attenzione.
Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino
(Sal 118 [119], 105)
Potete trovare qui di seguito una piccola raccolta di articoli sulla lectio divina, un tesoro dalle mille sfaccettature, illustrato da grandi innamorati della Parola di Dio, di cui parla mirabilmente Sant'Efrem.
Angela Tagliafico: Le dimensioni Angela Tagliafico: La prassi
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Dalla Costituzione "Dei Verbum"
Cosa dice il Concilio sulla Lectio Divina
Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l'interprete della sacra Scrittura, per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.
Per ricavare l'intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l'altro anche dei generi letterari. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario dunque che l'interprete ricerchi il senso che l'agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l'autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell'agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani (n.12).
Il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. « L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo ». Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l'approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l'uomo; poiché «quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini» (40). Compete ai vescovi, «depositari della dottrina apostolica », ammaestrare opportunamente i fedeli loro affidati sul retto uso dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e in primo luogo dei Vangeli, grazie a traduzioni dei sacri testi; queste devono essere corredate delle note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino con sicurezza e profitto con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito. Inoltre, siano preparate edizioni della sacra Scrittura fornite di idonee annotazioni, ad uso anche dei non cristiani e adattate alla loro situazione; sia i pastori d'anime, sia i cristiani di qualsiasi stato avranno cura di diffonderle con zelo e prudenza (n.25)