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cielo stellatoTi amo e tu fatti conoscere

«Dio è amore e chi rimane nell'amore
rimane in Dio» (1Gv 4,16)

«Roby, insegnami a pregare, io non credo in Dio, come posso fare? Posso pregare? Chi? Che cosa? Cosa dire?».

E il discorso si fa curioso. Non mi aspettavo una domanda così dopo una serata trascorsa tra un gruppo di amici parlando di tante storie che sembravano di nessun interesse.

Ci salutiamo tutti mentre si fer­ma quel solo che aveva posto quell'enigmatico interrogativo: «Non credo in Dio, ma desidero pregare».

Un momento di silenzio; rumi­no dentro di me quelle poche nozioni che ancora ricordo sul­l'inconscio, sul profondo delle aspirazioni dell'uomo.

Ci sediamo nuovamente sul di­vano, rimasti soli alla ricerca di una eventuale risposta...

«Senti, prega cosi: Dio, se ci sei, fatti conoscere perché ti voglio amare! Prega cosi e aspetta... la risposta verrà e troverai quello che cerchi: il senso di una vita senza senso, donde vengo, dove vado, cosa faccio in questo mondo. Una cosa è certa: mori­rò, ma e poi? Tutto finito? Stel­le, cieli, mondi che girano a vuo­to, una danza senza scopo, mol­te volte una danza macabra che fa paura».

Non parlo più. Mi accorgo che sono gli interrogativi posti in mil­le modi, in tutti i tempi, in tutte le letterature di tutte le culture.

Il giovane seduto vicino a me si è chiuso in un pensoso silenzio. Si ricorda di un appuntamento con la sua ragazza; ci salutiamo: «Grazie, ci sentiremo ancora, la vita non è una storiella da butta­re. È forse qualcosa di serio». Arrivederci.

Me ne torno anch'io nella soli­tudine del convento e mi fermo a lungo nella piccola cappella dove una lampada dice la pre­senza di quel Dio in cui quel giovane non credeva, ma vole­va pregare!

Ho capito la preziosità del vive­re tra gli uomini.

«Se ci sei fatti conoscere perché ti voglio amare». Si, l'amore è la risposta. «Dio è amore e chi rimane nell'amore rimane in Dio», ci dice Giovanni nella pri­ma lettera (4,16).

Dio c'è, ma lo stordimento quo­tidiano non ce lo lascia vedere. Fermarsi a pensare sarebbe la soluzione a tanti nostri mali, a tante nostre paure e si capirebbe perché il Vangelo è buona noti­zia e perché a Natale gli angeli han cantato pace e gioia agli uo­mini amati da Dio.

Ci sono persone che hanno ca­pito queste cose.

Mi prendo la libertà di pubbli­care l'augurio ricevuto nella notte di Natale: il biglietto por­tava questa scritta di Frère Roger di Taizé: «Hai un Padre, diven­ta ciò che sei: suo figlio... e si aprono le porte dell'infanzia, Io stupore di un amore».

E continuava: «Padre Roby, es­sere veramente figli, è questo il pensiero che ha accompagna­to il mio Avvento. Gesù è venu­to per insegnarci come si fa ad essere figli. È nato duemila anni fa... oggi tocca a noi nascere, anche se faticosamente, come figli, imparare a diventare ciò che siamo ... Com'è semplice essere figli e come non ne sia­mo capaci.

Questo orientamento continuo, semplice, fiducioso, senza paure e senza chiusura verso un Padre che è Amore, che desidera solo che noi siamo in pienezza!

Buon Natale Padre Roby, con questi pensieri che forse, pre­gando, possono diventare real­tà, respiro ogni giorno».

E ci ritroviamo dopo quindici giorni. Gli stessi problemi, le stesse domande e le stesse eva­sive risposte. Volevano sapere la storia del riccio. Era una mia riflessione su alcuni ricci che alla sera vedo passare sotto la finestra in cerca di un posteggio per la notte. Anche quei ricci irsuti e goffi mi pongono inter­rogativi... «a chi mai è venuto in mente di fare un riccio?». Vorrei sentire coloro che sanno di sapere: una coppia di ricci... ma chi l'ha pensata e program­mata? ecc... Andando all'indietro la storia continua, ma non si può andare all'infinito, ad un certo punto si blocca come tutte le altre storie parallele o con­vergenti di fronte ad un mistero che qualcuno chiama Dio. Pro­prio quel mistero che dicevo di pregare, di farsi conoscere per­ché lo vogliamo amare.

So che questa storia oggi non soddisfa più. Oggi non si parla più tanto di creazione, ma di vibrazioni di energie cosmiche, di evoluzione, ecc., di forze mi­steriose che si cerca di captare per usarle a beneficio dell'uo­mo, ecc.

Ma anche queste realtà si ripre­sentano a noi coi loro prepoten­ti interrogativi: e prima? e poi? e perché? ecc. Chi ha pensato, progettato, realizzato questo fan­tastico groviglio di forze da cui noi stessi siamo imprigionati, condizionati, guidati, ecc.?

Mi è venuto in mente un esem­pio trovato in un bellissimo li­bro di S. Palumbieri sulla risur­rezione di Cristo (Cristo risor­to, leva della storia, p. 30): «Ci stiamo rendendo conto che il mondo che noi abitiamo, è come un interminabile treno, sempre più confortevole, almeno per certi vagoni. Sta correndo su binari sempre più lucidi. Ma gli scompartimenti risultano blinda­ti: l'incomunicabilità, la solitu­dine. I freni e la frizione sono disfunzionali: la sfrenatezza ver­so il suicidio collettivo. L'acce­lerazione è impressionante: un progresso senza promozione. La corsa pare senza meta. La cultu­ra della morte prospera in una società senza radici, nella quale si stanno seppellendo la memoria ed il progetto. Restano senz'anima il presente e la rela­zione con gli altri».

Letto forte questo passo, ci guar­diamo in silenzio. Una curiosità diffusa inespressa, un altro si­lenzioso interrogativo...

... Dovremmo forse invertire la domanda, non «fatti conoscere perché ti voglio amare», ma «ti amo e tu fatti conoscere!». E una domanda di fede, ma non trovo altra soluzione. Se si avesse tem­po mi verrebbe in aiuto tutto il Vangelo: «Credi? Tutto è possi­bile a chi crede, come è tutto possibile a Dio...», ecc...

In trasparenza, nella totalità delle creature, vedremmo la figura del Cristo uomo Dio. «Credete an­che a me... avrete la vita». E ci dice di pregare il Padre: «Padre che è ovunque». Se è un padre quello a cui dovremmo rivolge­re la preghiera, è sorgente del­l'essere e dell'amore. C'è chi prega così e si dicono cristiani e questi dovrebbero saper rispon­dere alle nostre domande; difat­ti Pietro, uno che aveva visto e creduto, dice a costoro: «Sap­piate rendere ragione della spe­ranza che è in voi, ma fatelo con gentilezza». Non come i ricci che alle nostre domande non danno risposta.

I cristiani potrebbero dirti qual­cosa, perché mattino e sera rin­graziano Dio che li ha creati e fatti cristiani. Se sono convinti li puoi conoscere, perché chi crede ed ama il Cristo è come la rosa alla quale (come dice un proverbio) nessuno può impedi­re che il suo profumo si diffon­da per tutti.

E così chi ha inventato il riccio ed ha cura di lui, non ci aiuterà a diventare serenamente figli di Dio, uomini nuovi?

Padre Roby

(tratto da: Padre Roberto Accamo, Briciole di vita, edizione a cura frati Cappuccini, Pinerolo 1996).